sabato 28 gennaio 2012


Domenica del Fariseo e Pubblicano

(2 Tm 3,14-4,2): 10Tu invece mi hai seguito da vicino nell`insegnamento, nella condotta, nei propositi, nella fede, nella magnanimità, nell`amore del prossimo, nella pazienza, 11nelle persecuzioni, nelle sofferenze, come quelle che incontrai ad Antiochia, a Icònio e a Listri. Tu sai bene quali persecuzioni ho sofferto. Eppure il Signore mi ha liberato da tutte. 12Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati. 13Ma i malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio, ingannatori e ingannati nello stesso tempo. 14Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l`hai appreso 15e che fin dall`infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù


Commento Esortazione alla fedeltà
Paolo dal suo carcere incoraggia Timoteo, suo discepolo, a re stare fedele alla sana dottrina, fondata sulla Scrittura e sulla Tradizione, per poter esercitare efficacemente il sua ufficio di ministro della Parola. a. Paolo, ormai anziano, consumato dal lavoro apostolico e sa pendo che l'ora del martirio si avvicina, dà a Timoteo degli impor tanti consigli riguardanti la dottrina evangelica e la difesa della fede, continuamente minacciata. b. Gli ricorda anche quale dono inestimabile egli abbia ricevuto, venendo iniziato ai misteri della fede proprio dai suoi genitori, fin dalla più tenera infanzia, e poi da lui stesso. c. Il nostro mondo, immerso in una massa di propaganda e di menzogne, ha più che mai bisogno di pastori e di cristiani impe gnati, capaci di dargli con serenità e coraggio la pura dottrina del Vangelo.

Il fariseo e il pubblicano
9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l`altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell`altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

COMMENTO
a. Gesù mette a confronto due tipi di uomini. Il primo, rappre sentato dal fariseo, si vanta dei suoi meriti; il secondo, raffigurato nei tratti del pubblicano, si riconosce peccatore e fa conto solo della misericordia di Dio.


b. La boria del fariseo gli impedisce di essere giustificato, men tre l'umiltà ottiene al pubblicano il perdono di Dio: legge di vita dalla quale Dio non si discosta mai. c. Ricordiamoci bene che la vita cristiana non consiste princi palmente nella fedeltà alle pratiche religiose, ma nella coscienza della nostra miseria e nell'abbandono fiducioso alla misericordia di Dio.
È un insegnamento della massima importanza ed è nostro inte resse ricordarlo e praticarlo. Noi per il fatto di aver adottato un sistema di pratiche e di cerimonie, e specialmente perché as sistiamo regolarmente alla messa, ci sentiamo autorizzati ad aver la coscienza tranquilla e a considerarci giusti, ossia dei buoni cristiani. Sarebbe un errore...
- Dio umilia i superbi. Dio non condanna certamente le buone opere che anch'essi possono compiere: le loro elemosine, la loro ge nerosità, le loro pratiche religiose. Condanna la vanità interiore che nutrono nel compiacersi e nel vantarsi del bene realizzato: il superbo guarda se stesso, si ammira e si compiace di sé... Ne ven gono due effetti dannosi: crede di non aver più bisogno di niente perché è giusto; è portato a disprezzare gli altri, stimandosi supe riore a tutti. Ahimè, anche tra noi ci possono essere dei farisei...
- Dio esalta gli umili. Dio non giudica come noi e soprattutto non si lascia ingannare dalle apparenze. Egli vede le immense risorse del «povero di cuore» che, distaccato da tutto e da se stesso, rico nosce con semplicità e verità ciò che è: un peccatore. La sua pre ghiera è vera, e quindi è gradita a Dio. Non sa assolutamente di sprezzare gli altri, in quanto si crede sempre il più miserabile di tutti. Questa umiltà di cuore scava dentro in lui come un abisso che Dio si compiace di riempire della sua grazia.
Vogliamo essere ricchi delle ricchezze di Cristo, del suo amore, della sua misericordia? Eliminiamo dalla nostra vita ogni falso or goglio, facciamoci piccoli davanti ai nostri fratelli.

Lo scopo della preghiera è di instaurare una Comunione con Dio e di adempiere alla sua volontà. I cristiani pregano per impratichirsi a conoscere Dio e per adempiere le sue raccomandazioni. Se un individuo non avverte il bisogno di cambiare vita, sottomettendosi a Cristo nel compimento dei suoi insegnamenti, non ha motivo e ragione il pregare. Anzi, secondo i Santi, è rischioso pregare Dio senza avere la convinzione di rispondere e seguire la via sulla quale ci guida la preghiera stessa

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