sabato 28 aprile 2012

DOMENICA IV di PASQUA   29 Aprile 2012
Vangelo di Giovanni (5,1 - 9)
La guarigione del paralitico alla piscina

“Vuoi guarire?” La guarigione del paralitico alla piscina di Betsaida è raccontata solo da Giovanni. Matteo, Marco e Luca raccontano invece della guarigione di un paralitico a Cafarnao.

Giovanni riporta il miracolo della guarigione del paralitico come il terzo compiuto da Gesù dopo le nozze di Cana e dopo quello della guarigione del figlio del funzionario governativo.

“ci fu una festa dei giudei” La guarigione del paralitico avviene di sabato nel corso di una celebrazione festiva annuale non precisata.La presenza di Gesù a Gerusalemme fa pensare che si tratti di una delle tre grandi feste ebraiche (Pasqua, Pentecoste, Festa delle Capanne) spesso designate come le feste dei Giudei.

“e Gesù salì a Gerusalemme” La scena di questo brano si apre con Gesù che proviene dalla Galilea e sale a Gerusalemme. Gesù aveva probabilmente affrontato circa tre giorni di cammino in salita, siccome tra la Galilea e Gerusalemme c’è un dislivello di 900 metri.

“In Gerusalemme, presso la porta delle pecore…” La porta delle pecore è la porta attraverso la quale le pecore entravano sulla spianata del tempio per i sacrifici è quindi una porta che conduce al tempio.

“c’è una piscina chiamata in ebraico Betsaida, con cinque portici.” La piscina di Betsaida letteralmente vuol dire Casa della Misericordia si trovava a Gerusalemme e aveva cinque portici. Il numero cinque richiama i cinque libri di Mosè.

La piscina ha un certo collegamento con il tempio.Il tempio è la sede del potere e della sopraffazione, la piscina è la sede del popolo, il luogo della sofferenza.La piscina è dotata di portici come il tempio, sotto i cui portici i rabbini insegnavano al popolo la legge di Mosè.

“Sotto questi portici giaceva una folla di ammalati, ciechi, zoppi, e paralitici in attesa del movimento dell’acqua.” La piscina era un luogo di raccolta di ammalati e infermi che vi andavano in gran numero perché credevano che in quel luogo avrebbero potuto ricevere la loro guarigione.Gli infermi che giacevano sotto i portici erano di tre categorie: ciechi, zoppi, paralitici. Giovanni indica la reale condizione dell’uomo.

Vi è un contrasto tra festa dei giudei che si svolge nel tempio e la moltitudine di gente sofferente. Questi sono esclusi dai festeggiamenti nel tempio.Cristo non va al tempio ma decide di andare da chi è più sofferente.Cristo si allontana da certe forme di religiosità.

“C’era là un uomo infermo da trentotto anni.”L’attenzione del narratore si concentra su uno di quei malati. La sua infermità viene definita dallo stesso termine greco che indicherà la malattia di Lazzaro (astheneia).Questa parola non è usata da Giovanni in nessun altro caso.

Due sono i precetti della carità che il Signore raccomanda: amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e amerai il prossimo tuo come te stesso. Se il numero quaranta significa perfezione della legge e se la legge non si compie se non mediante il duplice precetto della carità, ti fa meraviglia che quell’uomo fosse infermo da quaranta meno due? “ Sant’Agostino “Gesù, vedendolo sdraiato e saputo che da molto tempo si trovava in quella condizione, gli disse: Vuoi guarire?”


Gesù volge lo sguardo verso un uomo che giaceva paralizzato e prende l’iniziativa. L’uomo infermo è affetto da un duplice handicap: da una parte è malato da tanto tempo e ciò fa supporre che la sua malattia fosse incurabile, dall’altra non può approfittare dell’efficacia dell’acqua.

E’ significativo che Gesù, sapendo che da trentotto anni giaceva paralizzato presso la piscina gli abbia chiesto: “Vuoi guarire? “. Questa domanda può essere intesa come un invito ad abbandonare il precedente stile di vita, o anche può sottolineare la necessità di un’adesione consapevole della persona all’opera di guarigione.

“Rispose l’infermo: Signore io non ho nessuno che,quando si agita l’acqua,mi immerge nella piscina:mentre cerco di arrivarci,un altro vi si immerge prima di me.” Quest’uomo vuole cambiare la propria condizione ma è impossibilitato a farlo. Pur vivendo immobilizzato da trentotto anni, non aveva perso la speranza nella guarigione. Però il malato risponde riferendosi all’unica speranza che egli conosce: l’agitazione delle acque nella piscina, unitamente all’attesa di qualcuno che l’aiuti a calarsi dentro. Queste aspettative però sono state deluse da tempo perché non ha nessuno che lo immerga nella piscina.

E’ il più povero tra i poveri! Si sottolinea la sua solitudine, la sua rassegnazione tanto che la gente si disinteressa di lui.

L’acqua della piscina sembra assumere un significato simile al pozzo di Giacobbe.Come quell’acqua non è capace di dissetare definitivamente, così quest’acqua promette una guarigione che non si realizza mai.

Il pozzo di Giacobbe e la piscina di Betsaida sono destinati ad essere sostituiti dall’acqua viva donata da Cristo. Quest’acqua disseta e guarisce!

“ Gli disse Gesù: Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina.

Alzati! Gesù dice tirati su, risorgi, fidati di me che sono venuto a cercarti. Prendi il tuo giaciglio!E questo lo dice per provocare: era sabato e non era permesso alcun lavoro. Infrangi questa legge che condanna il povero nelle regole vuote.

Cammina! Non più paralizzato, il tuo orizzonte sia la strada, la vita fuori, non questa piscina.

L’uomo fu guarito all’istante; prese il suo giaciglio e cominciò a camminare. Il paralitico toccato da Gesù ritorna ad essere padrone della propria vita. Crede, si alza e cammina.

L’incontro con Gesù gli cambia radicalmente la vita: se avesse deciso di non credere sarebbe rimasto nella paralisi.

“Quel giorno era un sabato.” Il miracolo viene compiuto di sabato. Questo provocherà una reazione di ostilità da parte dei giudei che giudicheranno il gesto di Gesù una trasgressione del riposo sabbatico. I giudei governano il popolo mettendo la legge al di sopra del bene della persona. Cristo mette la persona umana al di sopra della legge.

Emerge la differenza tra la potenza misericordiosa e miracolosa di Cristo e la religione legalista formale, persecutoria, incapace di cogliere la divinità di Gesù, di provare gioia di fronte ad un miracolo.

La parola di Cristo solleva da uno stato di paralisi spirituale, la sua misericordia abbraccia il paralitico, così come abbraccia noi anche se non lo meritiamo; la fede in Lui ci permette di superare ostacoli, affrontare sofferenze, lenire dolori, guarire interiormente. Gesù volge lo sguardo verso il paralitico e prende l’iniziativa. Io voglio guarire? Lo voglio veramente?

Gesù dice al paralitico di alzarsi, prendere il giaciglio e camminare e l’infermo lo fa.
Riesco ad ascoltarLo e a fidarmi totalmente di Lui?







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