mercoledì 20 giugno 2012

SINODO DEI VESCOVI

XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA

LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE PER LA TRASMISSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
INSTRUMENTUM LABORIS
Città del Vaticano  2012
Indice
Prefazione
Introduzione
Punti di riferimento
Le attese nei confronti del Sinodo
Il tema dell’Assemblea sinodale
Dal Concilio Vaticano II alla nuova evangelizzazione
La struttura dell’Instrumentum laboris
Primo capitolo
Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo
Gesù Cristo, l’evangelizzatore
La Chiesa, evangelizzata ed evangelizzatrice
Il Vangelo, dono per ogni uomo
Il dovere di evangelizzare
Evangelizzazione e rinnovamento della Chiesa
Secondo capitolo
Tempo di nuova evangelizzazione
La domanda di una nuova evangelizzazione
Gli scenari della nuova evangelizzazione
Le nuove frontiere dello scenario comunicativo
I mutamenti dello scenario religioso
Da cristiani dentro questi scenari
Missio ad gentes, cura pastorale, nuova evangelizzazione
Trasformazioni della parrocchia e nuova evangelizzazione
Una definizione e il suo significato
Terzo capitolo
Trasmettere la fede
Il primato della fede
La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive
La pedagogia della fede
I soggetti della trasmissione della fede
La famiglia, luogo esemplare di evangelizzazione
Chiamati per evangelizzare
Rendere ragione della propria fede
I frutti della fede
Quarto capitolo
Ravvivare l’azione pastorale
L’iniziazione cristiana, processo evangelizzatore
L’esigenza del primo annuncio
Trasmettere la fede, educare l’uomo
Fede e conoscenza
Il fondamento di ogni pastorale evangelizzatrice
Centralità delle vocazioni
Conclusione


Gesù Cristo, Vangelo che dà speranza
La gioia di evangelizzare
--------------------------------------------------------------------------------
Prefazione
“Accresci in noi la fede!” (Lc 17,5). È la supplica degli Apostoli al Signore Gesù nel percepire che solamente nella fede, dono di Dio, potevano stabilire un rapporto personale con Lui ed essere all’altezza della vocazione di discepoli. La richiesta era motivata dall’esperienza dei loro limiti. Non si sentivano sufficientemente forti per perdonare al fratello. La fede è indispensabile anche per compiere i segni della presenza del Regno di Dio nel mondo. L’albero di fichi seccato fin dalle radici serve a Gesù per incoraggiare i discepoli: “Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: se uno dicesse a questo monte: ‘Lèvati e gèttati nel mare’, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà” (Mc 11,22-24). Anche l’Evangelista Matteo sottolinea l’importanza della fede per compiere grandi opere. “In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che ho fatto a quest’albero, ma, anche se direte a questo monte: ‘Lèvati e gèttati nel mare’, ciò avverrà” (Mt 21,21).
Talvolta il Signore Gesù rimprovera “i Dodici” per la loro poca fede. Alla domanda perché non sono riusciti a scacciare il demonio, il Maestro risponde: “Per la vostra poca fede” (Δια την όλιγοπιστίαν ύμών) (Mt 17,20). Al mare di Tiberiade, prima di sedare la tempesta, Gesù richiama i discepoli: “Perché avete paura, gente di poca fede?” (όλιγόπιστοι) (Mt 8,26). Essi devono affidarsi a Dio e alla provvidenza, e non preoccuparsi dei beni materiali. “Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?” (Mt 6,30; cf. Lc 12,28). Simile attitudine si ripete prima della moltiplicazione dei pani. Di fronte alla constatazione dei discepoli di aver dimenticato di prendere il pane nel passare all’altra riva, il Signore Gesù dice: “Gente di poca fede, perché andate dicendo tra voi che non avete pane? Non capite ancora e non ricordate i cinque pani per i cinquemila, e quante ceste avete portato via?” (Mt 16,8-9).
Nel Vangelo di Matteo particolare attenzione suscita la descrizione di Gesù che cammina sulle acque e raggiunge gli apostoli nella barca. Dopo aver dissipato la loro paura, accoglie la proposta condizionata di Pietro: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque” (Mt 14,28). In un primo tempo, Pietro cammina senza difficoltà sulle acque, andando verso Gesù. “Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: ‘Signore, salvami!’”. E subito Gesù“tese la mano, lo afferrò e gli disse: ‘Uomo di poca fede, perché hai dubitato?’” (Mt 14,30-31). Insieme Gesù e Pietro salgono in barca e il vento cessa. I discepoli, testimoni di questa grande manifestazione, si prostrano davanti al Signore e fanno la loro piena professione di fede: “Davvero tu sei Figlio di Dio!” (Mt 14,33)”.
Nella persona di Pietro è possibile riconoscere l’attitudine di molti fedeli, come pure di intere comunità cristiane, soprattutto nei Paesi di antica evangelizzazione. Varie Chiese particolari, infatti, conoscono non solamente l’allontanamento dei fedeli, a causa della poca fede, dalla vita sacramentare e dalla prassi cristiana, alcuni addirittura potrebbero essere inseriti nella categoria dei non credenti (άπιστοι; cf. Mt 17,17; 13,58). Al contempo, non poche Chiese sperimentano anche dopo un primo entusiasmo la stanchezza, la paura di fronte a situazioni assai complesse del mondo attuale. Come Pietro, hanno paura del clima ostile, di tentazioni di varia indole, di sfide che oltrepassano le loro forze umane. La salvezza proviene, per Pietro ed anche per i fedeli, presi personalmente e come membri della comunità ecclesiale, solamente dal Signore Gesù. Solo Lui può tendere la mano e guidare verso il luogo sicuro nel cammino della fede.
Le brevi riflessioni sulla fede nei Vangeli ci aiutano a illustrare il tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi: “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. L’importanza della fede in tale contesto appare rafforzata dalla decisione del Santo Padre Benedetto XVI di indire l’Anno della Fede a cominciare dall’11 ottobre 2012, nel ricordo del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e del 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Entrambi gli eventi avranno inizio nel corso della celebrazione dell’Assise sinodale. Ancora una volta si verifica la parola del Signore Gesù rivolta all’apostolo Pietro, roccia sulla quale il Signore ha costruito la sua Chiesa (cf. Mt 16,19): “io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32). Ancora una volta si aprirà davanti a tutti noi “la porta della fede” (At 14,27).
Come sempre, anche oggi l’evangelizzazione ha per finalità la trasmissione della fede cristiana. Essa riguarda, in primo luogo, la comunità dei discepoli di Gesù Cristo, organizzati in Chiese particolari, diocesane ed eparchiali, i cui fedeli si radunano regolarmente per le celebrazioni liturgiche, ascoltano la Parola di Dio e celebrano i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia, preoccupandosi di trasmettere il tesoro della fede ai membri delle loro famiglie, delle loro comunità, delle loro parrocchie. Lo fanno tramite la proposta e la testimonianza della vita cristiana, il catecumenato, la catechesi e le opere di carità. Si tratta di evangelizzazione in senso generale, quale attività regolare della Chiesa. Con l’aiuto dello Spirito Santo, questa evangelizzazione, per così dire ordinaria, deve essere animata da un nuovo ardore. Bisogna cercare nuovi metodi e nuove forme espressive per trasmettere all’uomo contemporaneo la perenne verità di Gesù Cristo, sempre nuovo, sorgente di ogni novità. Solamente una fede solida e robusta, propria dei martiri, può dar animo a tanti progetti pastorali, a medio e largo raggio, infondere la vita alle strutture esistenti, suscitare la creatività pastorale all’altezza delle necessità dell’uomo contemporaneo e delle attese delle società attuali.
Il rinnovato dinamismo delle comunità cristiane darà un nuovo impulso anche all’attività missionaria (missio ad gentes), urgente oggi più che mai, considerato l’alto numero di persone che non conoscono Gesù Cristo non solamente in terre lontane, ma anche nei Paesi di antica evangelizzazione.
Lasciandosi vivificare dallo Spirito Santo, i cristiani saranno poi sensibili a tanti fratelli e sorelle che, pur essendo battezzati, si sono allontanati dalla Chiesa e dalla pratica cristiana. A loro, in modo particolare, vogliono indirizzarsi con la nuova evangelizzazione per far riscoprire loro la bellezza della fede cristiana e la gioia dell’incontro personale con il Signore Gesù, nella Chiesa, comunità dei fedeli.
Su tali tematiche si snoda l’Instrumentum laboris che ora viene pubblicato. Ordine del giorno della prossima Assise sinodale, esso è il risultato della sintesi delle risposte ai Lineamenta, pervenute dai Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, dalle Conferenze Episcopali, dai Dicasteri della Curia Romana e dall’Unione dei Superiori Generali, come pure da parte di altre istituzioni, di comunità e di fedeli, che hanno voluto partecipare alla riflessione ecclesiale sull’argomento sinodale. Con l’aiuto del Consiglio Ordinario, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, avvalendosi anche del contributo di validi esperti, ha redatto il presente Documento in cui sono raccolti molti aspetti promettenti dell’attività evangelizzatrice della Chiesa in tutti e cinque i continenti. Al contempo sono indicati vari temi da approfondire affinché la Chiesa possa continuare a svolgere in modo adeguato la sua opera di evangelizzazione, tenendo presenti le non poche sfide e difficoltà del momento presente. Forti della parola del Signore: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1) e sotto l’illuminata presidenza del Santo Padre Benedetto XVI, i Padri sinodali stanno disponendosi a riflettervi in un ambiente di preghiera, di ascolto e di comunione affettiva ed effettiva. In tale opera non saranno soli, perché accompagnati da tante persone che continuano a pregare per i lavori sinodali. I membri della XIII Assemblea Generale Ordinaria, rivolgendo lo sguardo anche alla comunione della Chiesa glorificata, sperano nell’intercessione di tutti i santi e, in particolare, della Vergine Maria, beata perché “ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45).
Dio, buono e misericordioso, costantemente tende la sua mano all’uomo e alla Chiesa, sempre disposto a fare pronta giustizia ai suoi eletti. Essi, però, sono invitati ad afferrare la sua mano e con fede chiedergli aiuto. Tale condizione non è scontata, come si può percepire dalla forte domanda di Gesù: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). Per tale motivo, anche oggi la Chiesa e i cristiani devono ripetere assiduamente la supplica: “credo, aiuta la mia incredulità!” (Mc 9,24).
Affinché, l’Assise sinodale possa corrispondere a tali attese e necessità della Chiesa nel nostro tempo, invochiamo la grazia dello Spirito Santo, che “Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro” (Tt 3,6), supplicando ancora una volta il Signore Gesù: “Accresci in noi la fede!” (Lc 17,5).
+ Nikola Eterović Arcivescovo titolare di Cibale Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi
Vaticano, 27 maggio 2012  Solennità di Pentecoste

Introduzione
1. La prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà dal 7 al 28 ottobre 2012, ha per tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana», come Papa Benedetto XVI ha annunciato, chiudendo i lavori dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Con l’intento di facilitare la preparazione specifica di questo evento sono stati approntati i Lineamenta. Ai Lineamenta e ai relativi questionari hanno risposto le Conferenze Episcopali, i Sinodi dei Vescovi delle Chiese Cattoliche Orientali sui iuris, i Dicasteri della Curia romana e dell’Unione dei Superiori Generali. Sono giunte osservazioni anche da singoli Vescovi, sacerdoti, membri di istituti di vita consacrata, laici, associazioni e movimenti ecclesiali. Un processo di preparazione molto partecipato, che conferma quanto il tema scelto dal Santo Padre stia a cuore ai cristiani e alla Chiesa di oggi. Tutti i pareri e le riflessioni giunte sono stati raccolti e sintetizzati in questo Instrumentum laboris.



Punti di riferimento



2. La convocazione della prossima Assemblea sinodale avviene in un momento particolarmente significativo per la Chiesa cattolica. Durante il suo svolgimento cade infatti il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, il ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, e si apre l’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI.[1] Il Sinodo sarà perciò un’occasione propizia per dare risalto alla domanda di conversione e all’esigenza di santità che tutti questi anniversari accendono; il Sinodo sarà il luogo in cui prendere a cuore e rilanciare quell’invito a riscoprire la fede che, dopo essere germogliato nel Concilio Vaticano II e ripreso una prima volta nell’Anno della Fede indetto da Papa Paolo VI, è stato riproposto a noi oggi da Papa Benedetto XVI. È dentro questo quadro che il Sinodo lavorerà al tema della nuova evangelizzazione.
3. L’arco temporale che così si è venuto a creare è costellato di altri punti di riferimento rivelatisi essenziali sia per questo momento di preparazione che per la successiva riflessione sinodale. Oltre al riferimento diretto ed esplicito al magistero del Concilio Vaticano II, non si può riflettere ad esempio sull’evangelizzazione oggi prescindendo dalle parole che su questo tema hanno espresso Papa Paolo VI, nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, e Papa Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Redemptoris missio e nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte. In modo corale, in moltissime risposte pervenute questi testi sono stati assunti come punto di confronto e di verifica.

Le attese nei confronti del Sinodo
4. Molte risposte hanno sottolineato l’urgenza che ci si ritrovasse assieme per valutare come la Chiesa vive oggi la sua originaria vocazione evangelizzatrice, a fronte delle sfide con cui è chiamata a misurarsi, per evitare il rischio della dispersione e della frammentazione. Molte Chiese particolari (Diocesi, Eparchie, Chiese sui iuris), così come diverse Conferenze Episcopali e Sinodi delle Chiese Orientali sono già impegnate da più anni nella costruzione di una verifica delle loro pratiche di annuncio e di testimonianza della fede. Le risposte hanno fornito al riguardo un elenco davvero impressionante di iniziative svolte dalle diverse realtà ecclesiali: in nome dell’evangelizzazione e per un suo rilancio in questi decenni nelle varie Chiese particolari si sono scritti documenti e pensati progetti pastorali, si sono immaginate iniziative (diocesane, nazionali, continentali) di sensibilizzazione e di sostegno, sono stati creati luoghi di formazione per i cristiani chiamati ad impegnarsi in questi progetti.

5. A fronte di una simile ricchezza di iniziative, raccontata con toni di chiaroscuro in quanto non tutte le iniziative hanno prodotto l’esito sperato, la convocazione sinodale è stata vista come l’occasione propizia per creare un momento unitario e cattolico di ascolto, di discernimento, e soprattutto per dare unità alle scelte che si è chiamati a fare. Si auspica che la prossima Assemblea sinodale sia un evento capace di infondere energie alle comunità cristiane e, allo stesso tempo, sia in grado di fornire anche risposte concrete alle tante domande che sorgono oggi nella Chiesa riguardo alla sua capacità di evangelizzare. Ci si attende incoraggiamento, ma anche confronto e condivisione di strumenti di analisi e di esempi di azione.
Il tema dell’Assemblea sinodale
6. Annunciando la convocazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Papa Benedetto XVI ha inteso richiamare le comunità cristiane alla priorità del compito che spetta alla Chiesa in questo avvio del nuovo millennio. Sulla scia del suo predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, che aveva visto nel Giubileo del 2000, celebrato a trentacinque anni dal Concilio Vaticano II, uno stimolo per assumere con rinnovato slancio da parte della Chiesa la propria missione evangelizzatrice, Papa Benedetto XVI dà ancora ulteriore enfasi a questa missione, sottolineandone il carattere di novità. La missione ricevuta dagli Apostoli di andare e fare discepoli in tutti i popoli, battezzandoli e formandoli alla testimonianza (cf. Mt 28,19-20); la missione che la Chiesa ha osservato e a cui è rimasta fedele per secoli, è chiamata oggi a misurarsi con trasformazioni sociali e culturali che stanno profondamente modificando la percezione che l’uomo ha di sé e del mondo, generando ripercussioni anche sul suo modo di credere in Dio.
7. Il risultato di tutte queste trasformazioni è il diffondersi di un disorientamento che si traduce in forme di sfiducia verso tutto quanto ci è stato trasmesso circa il senso della vita e in una scarsa disponibilità ad aderire in modo totale e senza condizioni a quanto ci è stato consegnato come rivelazione della verità profonda del nostro essere. È il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo. Considerata come un elemento sempre più da collegare alla sfera intima e individuale delle persone, la fede è diventata un presupposto anche per parecchi cristiani, che hanno continuato a preoccuparsi delle giuste conseguenze sociali, culturali e politiche della predicazione del Vangelo, ma non si sono sufficientemente adoperati per tenere viva la fede loro e delle loro comunità, fede che come una fiamma invisibile con la sua carità alimentava e dava energia a tutte le altre azioni della vita. Il rischio che così facendo la fede si indebolisse, e con essa si indebolisse la capacità di rendere testimonianza al Vangelo, è purtroppo diventato realtà in più di una delle nazioni in cui la fede cristiana ha contribuito nei secoli alla costruzione della cultura e della società.
8. Reagire a questa situazione è un imperativo che Papa Benedetto XVI si è dato sin dall’inizio del suo Pontificato, come ebbe modo di affermare: «La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza».[2] La Chiesa sente come un suo dovere riuscire ad immaginare nuovi strumenti e nuove parole per rendere udibile e comprensibile anche nei nuovi deserti del mondo la parola della fede che ci ha rigenerato alla vita, quella vera, in Dio.
9. La convocazione del Sinodo sulla nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede si situa dentro questa volontà di rilancio del fervore della fede e della testimonianza dei cristiani e delle loro comunità. La decisione di concentrare la riflessione sinodale su questo tema è infatti un elemento da leggere all’interno di un disegno unitario, che ha come sue tappe recenti la creazione di un dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione e l’indizione dell’Anno della Fede. Dalla celebrazione del Sinodo ci si attende perciò che la Chiesa moltiplichi il coraggio e le energie a favore di una nuova evangelizzazione che porti a riscoprire la gioia di credere, e aiuti a ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede. Non si tratta di immaginare soltanto qualcosa di nuovo o di lanciare iniziative inedite per la diffusione del Vangelo, ma di vivere la fede in una dimensione di annuncio di Dio: «la missione […] rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!».[3]
Dal Concilio Vaticano II alla nuova evangelizzazione
10. Se il disegno di un rilancio dell’azione evangelizzatrice della Chiesa ha le sue ultime espressioni nelle decisioni di Papa Benedetto XVI che abbiamo appena evocato, le origini di un simile disegno sono più profonde e radicate: questo disegno infatti ha animato il magistero e il ministero apostolico di Papa Paolo VI e di Papa Giovanni Paolo II. Più ancora, l’origine di tutto questo disegno va ritrovata nel Concilio Vaticano II, e nella sua volontà di dare delle risposte al disorientamento provato anche dai cristiani di fronte alle forti trasformazioni e lacerazioni che il mondo stava conoscendo in quel periodo; risposte non segnate dal pessimismo o dalla rinuncia,[4] ma improntate alla forza ricreatrice dell’universale chiamata alla salvezza[5] che Dio ha voluto per ogni uomo.
11. È così che l’azione evangelizzatrice viene posta da questo Concilio Ecumenico tra le sue tematiche centrali: in Cristo, luce delle genti,[6] tutta l’umanità ritrova la sua identità originaria e vera,[7] che il peccato ha contribuito ad oscurare; e alla Chiesa, sul cui volto questa luce si riflette, spetta il compito di continuare la missione evangelizzatrice di Gesù Cristo,[8] rendendola presente e attuale, dentro le condizioni del mondo di oggi. In questa prospettiva l’evangelizzazione diviene una delle principali richieste avanzate dal Concilio, che spinse per un nuovo rilancio e fervore in questa missione. Per i ministri ordinati: l’evangelizzazione è il dovere dei vescovi[9] e dei presbiteri.[10] Ancora di più, questa missione fondamentale della Chiesa è il dovere di ogni cristiano battezzato;[11] e l’evangelizzazione come contenuto primario della missione della Chiesa fu ben esplicitato in tutto il decreto Ad gentes, che mostra come con l’evangelizzazione si edifichi il corpo delle Chiese particolari e più in generale di ogni comunità cristiana. Così intesa, l’evangelizzazione non si riduce ad una semplice azione tra le tante, ma, nel dinamismo ecclesiale, è l’energia che permette alla Chiesa di vivere il suo obiettivo: rispondere alla chiamata universale alla santità.[12]
12. Sulla scia del Concilio, Papa Paolo VI osservava con lungimiranza che l’impegno dell’evangelizzazione andava rilanciato con forza e grande urgenza, vista la scristianizzazione di molte persone che nonostante il battesimo vivono al di fuori della vita cristiana; gente semplice che ha una certa fede e ne conosce male i fondamenti. Sempre più persone sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall’insegnamento ricevuto nella loro infanzia.[13] E, fedele all’insegnamento conciliare,[14] aggiungeva che l’azione evangelizzatrice della Chiesa «deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo».[15]
13. Papa Giovanni Paolo II fece di questo impegno uno dei cardini del suo vasto Magistero, sintetizzando nel concetto di nuova evangelizzazione, che egli approfondì sistematicamente in numerosi interventi, il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione. Tale programma riguarda direttamente la sua relazione con l’esterno, ma presuppone, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice. Basti richiamare alcune sue parole: «Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo. Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povertà e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta “come se Dio non esistesse”. [...] In altre regioni o nazioni, invece, si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana; ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi d’essere disperso sotto l’impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette. Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà. Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni».[16]
14. Il Concilio Vaticano II e la nuova evangelizzazione sono temi ricorrenti anche nel magistero di Benedetto XVI. Nel suo discorso di auguri natalizi alla Curia Romana nel 2005 – in coincidenza del quarantesimo della chiusura del Concilio – egli ha sottolineato, di fronte ad una “ermeneutica della discontinuità e della rottura”, l’importanza dell’«“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino».[17] Nell’indire l’Anno della Fede, il Santo Padre ha auspicato che tale evento «possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto”». E affermava ancora: «Io pure intendo ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Successore di Pietro: “se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”».[18] Pertanto, come rilevano alcune risposte ai Lineamenta, i suddetti orientamenti di Benedetto XVI, in sintonia con i suoi predecessori, sono una guida sicura per affrontare il tema della trasmissione della fede nella nuova evangelizzazione, in una Chiesa attenta alle sfide del mondo attuale, ma saldamente ancorata nella sua viva tradizione, della quale fa parte il Concilio Vaticano II.
La struttura dell’Instrumentum laboris
15. Dalla riflessione sinodale ci si attende perciò uno sviluppo e un approfondimento dell’opera che la Chiesa ha svolto in questi decenni. La mole imponente di iniziative e di documenti già prodotti in nome dell’evangelizzazione, di un suo rilancio, ha fatto dire a molte Chiese particolari che l’attesa non è primariamente sulle cose da fare, quanto piuttosto sulla possibilità di avere un luogo che permetta di comprendere quanto e come è stato fatto sin qui. Più di una risposta riferisce che già il semplice annuncio del tema e il lavoro sui Lineamenta ha permesso alle comunità cristiane di percepire in modo molto più forte e impegnato il carattere di urgenza che l’imperativo della nuova evangelizzazione riveste oggi; e di godere, come ulteriore guadagno, di un clima di comunione che permette di guardare con spirito diverso alle sfide del presente.
16. In molte risposte non ci si nasconde il problema che la Chiesa è chiamata ad affrontare la sfida della nuova evangelizzazione nella consapevolezza che le trasformazioni non soltanto interessano il mondo e la cultura, ma toccano in prima persona anche essa stessa, le sue comunità, le sue azioni, la sua identità. Il discernimento è visto allora come lo strumento necessario, lo stimolo per affrontare con più coraggio e con maggiore responsabilità la situazione attuale. Collocandosi in questa linea, il presente Instrumentum laboris viene elaborato in quattro capitoli, utili a fornire i contenuti fondamentali e gli strumenti che favoriscano una simile riflessione e un simile discernimento.
17. Un primo capitolo sarà così dedicato alla riscoperta del cuore della evangelizzazione, ovvero all’esperienza della fede cristiana: l’incontro con Gesù Cristo, Vangelo di Dio Padre per l’uomo, che ci trasforma, ci raduna e ci immette, grazie al dono dello Spirito, in una vita nuova, della quale facciamo già esperienza nel presente, proprio nel sentirci radunati nella Chiesa, e dalla quale ci sentiamo spinti con gioia per le strade del mondo, nell’attesa del compimento del Regno di Dio, testimoni e annunciatori gioiosi del dono ricevuto. Nel capitolo successivo, il secondo, il testo svolge la riflessione sul discernimento di mettere a fuoco le trasformazioni che stanno interessando il nostro modo di vivere la fede, e che influenzano le nostre comunità cristiane. Sono analizzati i motivi del diffondersi del concetto di nuova evangelizzazione, i differenti modi di riconoscersi dentro di esso da parte delle diverse Chiese particolari. Nel terzo capitolo si fa l’analisi dei luoghi fondamentali, degli strumenti, dei soggetti e delle azioni grazie ai quali la fede cristiana viene trasmessa: la liturgia, la catechesi e la carità, nel trasmettere la fede, che deve essere professata, celebrata, vissuta, pregata. In questa stessa linea, infine, nel quarto e ultimo capitolo si discute dei settori dell’azione pastorale specificatamente dedicati all’annuncio del Vangelo e alla trasmissione della fede. Si tratta di quelli classici, approfondiremo quelli più recenti, sorti per rispondere agli stimoli e alle sollecitazioni che la riflessione sulla nuova evangelizzazione sta ponendo alle comunità cristiane e al loro modo di vivere la fede.

                                                  Primo capitolo

Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo

«Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino:  convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15)
18. La fede cristiana non è soltanto una dottrina, una sapienza, un insieme di regole morali, una tradizione. La fede cristiana è un incontro reale, una relazione con Gesù Cristo. Trasmettere la fede significa creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioni perché questo incontro tra gli uomini e Gesù Cristo avvenga. L’obiettivo di ogni evangelizzazione è la realizzazione di questo incontro, allo stesso tempo intimo e personale, pubblico e comunitario. Come ha riaffermato Papa Benedetto XVI «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. […] Siccome Dio ci ha amati per primo (cf. 1Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro».[19] Nell’ambito della fede cristiana, l’incontro con Cristo e la relazione con lui avviene «secondo le Scritture» (1Cor 15,3.4). La Chiesa stessa prende forma proprio dalla grazia di questa relazione.
19. Questo incontro con Gesù, grazie al suo Spirito, è il grande dono del Padre agli uomini. È un incontro al quale veniamo preparati dall’azione della sua grazia in noi. È un incontro nel quale ci sentiamo attratti, e che mentre ci attrae ci trasfigura, introducendoci in dimensioni nuove della nostra identità, facendoci partecipi della vita divina (cf. 2Pt 1,4). È un incontro che non lascia più nulla come prima, ma assume la forma della “metanoia”, della conversione, come Gesù stesso chiede con forza (cf. Mc 1,15). La fede come incontro con la persona di Cristo ha la forma della relazione con Lui, della memoria di Lui in particolare nell’Eucaristia e nella Parola di Dio e crea in noi la mentalità di Cristo, nella grazia dello Spirito; una mentalità che ci fa riconoscere fratelli, radunati dallo Spirito nella sua Chiesa, per essere a nostra volta testimoni ed annunciatori di questo Vangelo. È un incontro che ci rende capaci di fare cose nuove e di testimoniare, grazie alle opere di conversione annunciate dai Profeti (cf. Ger 3,6ss.; Ez 36,24-36), la trasformazione della nostra vita.
20. In questo primo capitolo si dà particolare attenzione a questa dimensione fondamentale dell’evangelizzazione, perché le risposte ai Lineamenta hanno segnalato il bisogno di ribadire il nucleo centrale della fede cristiana, che non pochi cristiani ignorano. Occorre, pertanto, che il fondamento teologico della nuova evangelizzazione non venga trascurato, ma al contrario venga fatto udire in tutta la sua forza e genuinità, perché dia energie e giusta impostazione all’azione evangelizzatrice della Chiesa. La nuova evangelizzazione va anzitutto assunta come l’occasione per misurare la fedeltà dei cristiani a questo mandato ricevuto da Gesù Cristo: la nuova evangelizzazione è l’occasione propizia (cf. 2Cor 6,2) per tornare come cristiani e come comunità ad abbeverarci alla sorgente della nostra fede, ed essere così più disponibili alla evangelizzazione, alla testimonianza. Prima di trasformarsi in azioni, infatti, l’evangelizzazione e la testimonianza sono due attitudini che, come frutto di una fede che di continuo le purifica e converte, sgorgano nelle nostre vite da questo incontro con Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo.

Gesù Cristo, l’evangelizzatore
21. «Gesù medesimo, Vangelo di Dio, è stato assolutamente il primo e il più grande evangelizzatore».[20] Egli si è presentato come inviato a proclamare il compimento del Vangelo di Dio, preannunciato nella storia di Israele, soprattutto dai profeti, e nelle Sacre Scritture. L’evangelista Marco comincia la narrazione connettendo l’«inizio del Vangelo di Gesù Cristo» (Mc 1,1) con la corrispondenza alle Sacre Scritture: «Come sta scritto nel profeta Isaia» (Mc 1,2). Nel Vangelo di Luca Gesù stesso si presenta mostrandosi, nella sinagoga di Nazaret, come il lettore delle Scritture, capace di compierle in forza della sua stessa presenza: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21). Il Vangelo secondo Matteo ha costruito un vero e proprio sistema di citazioni di compimento, destinato a far riflettere sulla realtà più profonda di Gesù, a partire da quanto era stato detto per mezzo dei profeti (cf. Mt 1,22; 2,15.17.23; 4,14; 8,17; 12,17; 13,35; 21,4). Al momento dell’arresto, Gesù in persona ricapitola: «Tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti» (Mt 26,56). Nel Vangelo secondo Giovanni i discepoli stessi attestano questa corrispondenza; dopo il primo incontro, Filippo afferma: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti» (Gv 1,45). Nel corso del ministero, Gesù stesso rivendica ripetutamente il suo rapporto con le Sacre Scritture e la testimonianza che ne deriva: «Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me» (Gv 5,39); «Se credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me» (Gv 5,46).
22. La corale testimonianza degli evangelisti attesta che il Vangelo di Gesù è la ripresa radicale, la prosecuzione e il compimento totale dell’annuncio delle Scritture. Proprio in forza di questa continuità, la novità di Gesù appare al tempo stesso evidente e comprensibile. La sua azione evangelizzatrice è, di fatto, la ripresa di una storia iniziata in precedenza. I suoi gesti e le sue parole saranno da comprendere nella luce delle Scritture. Nell’ultima apparizione raccontata da Luca, il Risorto ricapitola questa prospettiva affermando: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44). Il suo dono supremo ai discepoli sarà appunto «aprire loro la mente per comprendere le Scritture» (Lc 24,45). Considerando la profondità di questa relazione con le Scritture presenti nel cuore del popolo, Gesù si mostra come l’evangelizzatore che porta a novità e pienezza la Legge, i Profeti e la Sapienza di Israele.

23. Per Gesù l’evangelizzazione assume lo scopo di attrarre gli uomini dentro il suo intimo legame con il Padre e lo Spirito. È questo il senso ultimo della sua predicazione e dei suoi miracoli: l’annuncio di una salvezza che pur manifestandosi attraverso azioni concrete di guarigione, non può essere fatta coincidere con una volontà di trasformazione sociale o culturale, ma è l’esperienza profonda concessa ad ogni uomo di sentirsi amato da Dio e di imparare a riconoscerlo nel volto di un Padre amoroso e pieno di compassione (cf. Lc 15). La rivelazione contenuta nelle sue parole e nelle sue azioni ha un legame con le parole dei profeti. Emblematico è in questo senso il racconto dei segni che Gesù compie alla presenza degli inviati di Giovanni Battista. Si tratta di segni rivelatori dell’identità di Gesù in quanto collegati strettamente con i grandi annunci profetici. L’evangelista Luca scrive: «In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia”» (Lc 7,21-22). Le parole di Gesù manifestano il senso pieno dei suoi gesti nella relazione dei segni compiuti con innumerevoli profezie bibliche (cf. in particolare Is 29,18; 35,5.6; 42,18; 26,19; 61,1).

La stessa arte di Gesù di trattare con gli uomini va considerata come elemento essenziale del metodo evangelizzatore di Gesù. Egli era capace di accogliere tutti, senza discriminazioni ed esclusioni: in primo luogo i poveri, poi i ricchi come Zaccheo e Giuseppe di Arimatea, o gli stranieri come il centurione e la donna siro-fenicia; gli uomini giusti come Natanaele, o le prostitute, o i peccatori pubblici dai quali è stato anche a tavola. Gesù sapeva raggiungere l’intimo dell’uomo e generarlo alla fede in Dio che ama per primo (cf. 1Gv 4,10.19), il cui amore ci precede sempre e non dipende dai nostri meriti, perché è il suo stesso essere: «Dio è amore» (1Gv 4,8.16). Egli diviene così insegnamento per la Chiesa evangelizzatrice, mostrando ad essa il fulcro della fede cristiana: credere all’amore attraverso il volto e la voce di questo amore, cioè attraverso Gesù Cristo.
24. L’evangelizzazione di Gesù conduce del tutto naturalmente l’uomo ad un’esperienza di conversione: ogni uomo è invitato a convertirsi e a credere all’amore misericordioso di Dio per lui. Il regno crescerà nella misura in cui ogni uomo imparerà a rivolgersi a Dio nell’intimità della preghiera come a un Padre (cf. Lc 11,2; Mt 23,9) e, sull’esempio di Gesù Cristo, a riconoscere in piena libertà che il bene della sua vita è il compimento della sua volontà (cf. Mt 7,21). Evangelizzazione, chiamata alla santità e conversione si legano tra di loro come se fossero una sola cosa per introdurre qui ed ora, alla esperienza del Regno di Dio in Gesù, coloro che diventano a loro volta figli di Dio. Evangelizzazione, chiamata alla santità, conversione: alla riflessione sinodale spetta il compito di leggere in che modo queste tre realtà sono presenti e nutrono con il loro fruttuoso intreccio la vita odierna delle nostre comunità.

La Chiesa, evangelizzata ed evangelizzatrice

25. Coloro che accolgono con sincerità il Vangelo, proprio in virtù del dono ricevuto e dei frutti che produce in loro, si riuniscono nel nome di Gesù per custodire e alimentare la fede accolta e partecipata, e per continuare, moltiplicandola, l’esperienza vissuta. Come raccontano i Vangeli (cf. Mc 3,13-15), i discepoli, dopo essere stati con Gesù, aver vissuto con Lui, essere stati da Lui introdotti in una nuova esperienza di vita, essere stati partecipi della sua vita divina, vengono a loro volta inviati a continuare questa azione evangelizzatrice: «Convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. […] Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni» (Lc 9,1.6).

26. Anche dopo la Sua morte e la Sua resurrezione, il mandato missionario che i discepoli hanno ricevuto dal Signore Gesù Cristo (cf. Mc 16,15) contiene un esplicito riferimento alla proclamazione del Vangelo a tutti, insegnando loro ad osservare tutto ciò che ha comandato (cf. Mt 28,20). L’apostolo Paolo si presenta come «apostolo […] scelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1). Il compito della Chiesa consiste quindi nel realizzare la traditio Evangelii, l’annuncio e la trasmissione del Vangelo, che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16) e che in ultima istanza si identifica con Gesù Cristo (cf. 1Cor 1,24). Sappiamo ormai che quando si parla di Vangelo da annunciare dobbiamo pensare ad una Parola viva ed efficace, che opera ciò che dice (cf. Eb 4,12; Is 55,10), è una persona: Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio, fatta uomo.[21]
Come per Gesù, anche per la Chiesa questa missione evangelizzatrice è opera di Dio e propriamente dello Spirito Santo. L’esperienza del dono dello Spirito, la Pentecoste, fa degli Apostoli dei testimoni e dei profeti, confermandoli in tutto quanto avevano condiviso e appreso con Gesù e da Lui (cf. At 1,8; 2,17), infondendo in loro una tranquilla audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima. Lo Spirito dà loro la capacità di testimoniare Gesù con “parresia” (cf. At 2,29), allargando la loro azione da Gerusalemme a tutta la Giudea e Samaria e fino agli estremi confini della terra.
27. E ciò che la Chiesa ha vissuto dall’origine, continua a viverlo oggi. Rilanciando queste certezze, Papa Paolo VI ne ricordava l’attualità: «L’ordine dato agli Apostoli – “Andate, proclamate la Buona Novella” – vale anche, sebbene in modo differente, per tutti i cristiani. […] La Chiesa lo sa. […] Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione».[22] La Chiesa resta nel mondo, per continuare la missione evangelizzatrice di Gesù, ben sapendo che così facendo continua a partecipare della condizione divina perché spinta dallo Spirito ad annunciare nel mondo il Vangelo, rivive in se stessa la presenza di Cristo risorto che la pone in comunione con Dio Padre. La vita della Chiesa, qualsiasi azione compia, non è mai chiusa in se stessa; è sempre azione evangelizzatrice e, come tale, azione che manifesta il volto trinitario del nostro Dio. Come è scritto negli Atti degli Apostoli, anche la vita più intima: la preghiera, l’ascolto della Parola e dell’insegnamento degli Apostoli, la carità fraterna vissuta, il pane spezzato (cf. At 2,42-46) acquista tutto il suo significato solo quando diventa testimonianza, provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio del Vangelo, da parte di tutta la Chiesa e di ogni battezzato.

Il Vangelo, dono per ogni uomo
28. Il Vangelo dell’amore di Dio per noi, la chiamata a prendere parte in Gesù nello Spirito alla vita del Padre, sono un dono destinato a tutti gli uomini. È quanto ci annuncia Gesù stesso, quando chiama tutti alla conversione in vista del Regno di Dio. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando ad essi la preferenza quando annunciava il Vangelo. All’inizio del suo ministero egli proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio (cf. Lc 4,18). A tutte le vittime del rifiuto e del disprezzo dichiara: «Beati voi poveri» (Lc 6,20); inoltre, a questi emarginati fa già vivere un’esperienza di liberazione stando con loro (cf. Lc 5,30; 15,2) andando a mangiare con loro, trattandoli come uguali e amici (cf. Lc 7,34), aiutandoli a sentirsi amati da Dio e rivelando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori.

29. La liberazione e la salvezza portate dal Regno di Dio raggiungono la persona umana nelle sue dimensioni sia fisiche che spirituali. Due gesti accompagnano l’azione evangelizzatrice di Gesù: il guarire e il perdonare. Le molteplici guarigioni dimostrano la sua grande compassione di fronte alle miserie umane, e significano pure che nel Regno non vi saranno più né malattie né sofferenze e che la sua missione mira fin dall’inizio a liberare le persone da esse (cf. Ap 21,4). Nella prospettiva di Gesù le guarigioni sono anche segno della salvezza spirituale, cioè della liberazione dal peccato. Compiendo gesti di guarigione, Gesù invita alla fede, alla conversione, al desiderio di perdono (cf. Lc 5,24). Ricevuta la fede, la guarigione introduce alla salvezza (cf. Lc 18,42). I gesti di liberazione dalla possessione del demonio, male supremo e simbolo del peccato e della ribellione contro Dio, sono segni che «il regno di Dio è giunto fra voi» (Mt 12,28), che il Vangelo, dono indirizzato ad ogni uomo, donandoci la salvezza ci introduce in un processo di trasfigurazione, di partecipazione alla vita di Dio, che ci rinnova già da ora.

30. «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6). Come ci mostra l’apostolo Pietro, anche la Chiesa continua in modo fedele questo annuncio del Vangelo che è un bene per ogni uomo. Allo storpio che gli chiede qualcosa per vivere, Pietro risponde offrendo in dono il Vangelo che lo guarisce, aprendogli la via della salvezza. Così, nello scorrere del tempo, grazie alla sua azione evangelizzatrice la Chiesa dà corpo e visibilità alla profezia dell’Apocalisse: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5), trasformando dal di dentro l’umanità e la sua storia, affinché la fede di Cristo e la vita della Chiesa non siano più estranee alla società in cui vivono, ma possano permearla e trasformarla.[23]

31. L’evangelizzazione è proprio l’offerta del Vangelo che trasfigura l’uomo, il suo mondo, la sua storia. La Chiesa evangelizza quando, grazie alla potenza del Vangelo che annuncia (cf. Rm 1,16), fa rinascere attraverso l’esperienza della morte e della resurrezione di Gesù ogni esperienza umana (cf. Rm 6,4), immergendola nella novità del battesimo e della vita secondo il Vangelo, nella relazione del Figlio col Padre suo per sentire la forza dello Spirito. La trasmissione della fede è il fine dell’evangelizzazione nel disegno di portare l’uomo per Cristo al Padre nello Spirito (cf. Ef 2,18). Questa è l’esperienza della novità del Vangelo che trasforma ogni uomo. E oggi possiamo sostenere con ancora maggiore convinzione questa nostra certezza, perché veniamo da una storia che ci consegna opere straordinarie di coraggio, dedizione, audacia, intuizione e ragione, nel vivere da parte della Chiesa questo compito di donare il Vangelo ad ogni uomo; gesti di santità, che assumono volti noti e densi di significato in ogni continente. Ogni Chiesa particolare può vantare figure di santità luminose che con la loro azione ma soprattutto con la loro testimonianza hanno saputo ridonare slancio ed energia all’opera di evangelizzazione. Santi esemplari, ma anche profetici e lucidi nell’immaginare vie nuove per vivere questo compito, ci hanno lasciato echi e tracce in testi, preghiere, modelli e metodi pedagogici, itinerari spirituali, cammini di iniziazione alla fede, opere ed istituzioni educative.
32. Mentre riferiscono con convinzione la forza di questi esempi di santità, alcune risposte accennano anche alle difficoltà nel rendere ancora attuali e comunicabili queste esperienze. Talvolta si ha l’impressione che queste opere della nostra storia non soltanto appartengano al passato ma ne siano quasi prigioniere, non riescano più a comunicare la qualità evangelica della loro testimonianza nel nostro presente. Alla riflessione sinodale allora si chiede di indagare intorno a questa difficoltà, di interrogarsi per scoprire le ragioni profonde dei limiti di diverse istituzioni ecclesiali nel mostrare la credibilità delle proprie azioni e della propria testimonianza, nel prendere la parola e nel farsi ascoltare in quanto portatori del Vangelo di Dio.
Il dovere di evangelizzare
33. Ogni persona ha il diritto di udire il Vangelo di Dio per l’uomo, che è Gesù Cristo. Come la Samaritana al pozzo, anche l’umanità di oggi ha bisogno di sentirsi dire le parole di Gesù «Se tu conoscessi il dono di Dio» (Gv 4,10), perché queste parole facciano emergere il desiderio profondo di salvezza che abita in ogni uomo: «Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete» (Gv 4,15). Questo diritto di ogni uomo a udire il Vangelo è ben chiaro all’apostolo Paolo. Predicatore instancabile, proprio perché aveva intuito la portata universale del Vangelo, fa del suo annuncio un dovere: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16). Ogni uomo, ogni donna devono poter dire, come lui, che «Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi» (Ef 5,2). Più ancora, ogni uomo e ogni donna devono potersi sentire attratti nella relazione intima e trasfiguratrice che l’annuncio del Vangelo crea tra noi e Cristo: «non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20).[24] E per poter accedere ad una simile esperienza, occorre qualcuno che sia inviato per annunciarla: «Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci?» (Rm 10,14, che ripropone Is 52,1).
34. Si comprende allora come ogni attività della Chiesa abbia un’essenziale nota evangelizzatrice e non debba mai essere separata dall’impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede, che è il primario obiettivo dell’evangelizzazione. Dove come Chiesa «portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco».[25] Il movente originario dell’evangelizzazione è l’amore di Cristo per la salvezza eterna degli uomini. Gli autentici evangelizzatori desiderano soltanto donare gratuitamente quanto essi stessi hanno gratuitamente ricevuto: «Fin dagli inizi della Chiesa, i discepoli di Cristo si sono adoperati per convertire gli uomini a confessare Cristo Signore, non con un’azione coercitiva né con artifizi indegni del Vangelo, ma anzitutto con la forza della parola di Dio».[26]
35. La missione degli Apostoli e la sua continuazione nella missione della Chiesa antica rimangono il modello fondamentale dell’evangelizzazione per tutti i tempi: una missione spesso contrassegnata dal martirio, come dimostra l’inizio della storia del cristianesimo, ma anche la storia del secolo appena trascorso, la storia dei nostri giorni. Proprio il martirio dà credibilità ai testimoni, che non cercano potere o guadagno ma donano la propria vita per Cristo. Essi manifestano al mondo la forza inerme e colma di amore per gli uomini che viene donata a chi segue Cristo fino al dono totale della propria esistenza, come Gesù aveva preannunziato: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20).

Tuttavia, non mancano, purtroppo, false convinzioni che limitano l’obbligo di annunciare la Buona Novella. Infatti, oggi si verifica «una crescente confusione che induce molti a lasciare inascoltato e inoperante il comando missionario del Signore (cf. Mt 28,19). Spesso si ritiene che ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose sia un limite posto alla libertà. Sarebbe lecito solamente esporre le proprie idee e invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza favorire una loro conversione a Cristo e alla fede cattolica: si pensa che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Alcuni sostengono che non si dovrebbe annunciare Cristo a chi non lo conosce, né favorire l’adesione alla Chiesa, poiché sarebbe possibile essere salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza un’incorporazione formale alla Chiesa».[27]
36. Sebbene i non cristiani possano salvarsi mediante la grazia che Dio dona attraverso vie a lui note[28] la Chiesa non può ignorare che ogni uomo attende di conoscere il vero volto di Dio e vivere già oggi l’amicizia con Gesù Cristo, il Dio con noi. La piena adesione a Cristo, che è la verità, e l’ingresso nella sua Chiesa non diminuiscono, ma esaltano la libertà umana e la protendono verso il suo compimento, in un amore gratuito e premuroso per il bene di tutti gli uomini. È un dono inestimabile vivere nell’abbraccio universale degli amici di Dio, che scaturisce dalla comunione con la carne e il sangue vivificanti di suo Figlio, ricevere da Lui la certezza del perdono dei peccati e vivere nella carità che nasce dalla fede. Di questi beni la Chiesa vuole fare partecipi tutti, affinché abbiano così la pienezza della verità e dei mezzi di salvezza, «per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Chiesa che annuncia e trasmette la fede imita l’agire di Dio stesso che si comunica all’umanità donando il Figlio, che effonde lo Spirito Santo sugli uomini per rigenerarli come figli di Dio.
Evangelizzazione e rinnovamento della Chiesa
37. Evangelizzatrice, la Chiesa vive questa sua missione ricominciando ogni volta con l’evangelizzare se stessa. «Comunità di credenti, comunità di speranza vissuta e partecipata, comunità d’amore fraterno, essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, ha sempre bisogno di sentir proclamare le grandi opere di Dio che l’hanno convertita al Signore, e di essere nuovamente convocata e riunita da lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno di essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunciare il Vangelo».[29] Il Concilio Vaticano II ha fortemente ripreso questo tema della Chiesa che si evangelizza mediante una conversione e un rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità.[30] Suonano ancora attuali le parole di Papa Paolo VI che, riaffermando la priorità dell’evangelizzazione, ricordava a tutti i fedeli: «Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che s. Paolo chiamava “arrossire del Vangelo” – o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?».[31] Più di una risposta ha avanzato l’idea che questa domanda diventi oggetto esplicito della riflessione sinodale.
38. Sin dalla sua origine la Chiesa si è dovuta misurare con simili difficoltà, con l’esperienza di peccato dei suoi membri. La vicenda dei discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-35) è emblematica della possibilità di una conoscenza fallimentare di Cristo. I due di Emmaus parlano di un morto (cf. Lc 24,21-24), narrano la loro frustrazione e la loro perdita di speranza. Essi dicono la possibilità, per la Chiesa di sempre, di essere portatrice di un annuncio che non dà vita, ma tiene chiusi nella morte il Cristo annunciato, gli annunciatori e di conseguenza anche i destinatari dell’annuncio. Anche l’episodio dei discepoli impegnati a pescare, riferito dall’evangelista Giovanni (cf. Gv 21,1-14), descrive un’esperienza simile: separati da Cristo, i discepoli vivono la loro azione in modo infruttuoso. E, come per i discepoli di Emmaus, è soltanto al manifestarsi del Risorto che torna la fiducia, la gioia dell’annuncio, il frutto della propria opera di evangelizzazione. È soltanto riallacciandosi in modo forte con Cristo, che colui che era stato designato come «pescatore di uomini» (Lc 5,10), Pietro, può tornare a gettare con frutto le proprie reti, fidandosi della parola del proprio Signore.
39. Ciò che è descritto con così grande cura alle origini, la Chiesa lo ha rivissuto più volte nella sua storia. Più volte è capitato che, in seguito all’allentamento del proprio legame con Cristo, si indebolisse la qualità della fede vissuta, e fosse sentita con minore forza l’esperienza di partecipazione alla vita trinitaria che questo legame ha in sé. Ecco perché non ci si può dimenticare che l’annuncio del Vangelo è una questione anzitutto spirituale. L’esigenza della trasmissione della fede, che non è impresa individualistica e solitaria, ma evento comunitario, ecclesiale, non deve provocare la ricerca di strategie comunicative efficaci e neppure una selezione dei destinatari – per esempio i giovani – ma deve riguardare il soggetto incaricato di questa operazione spirituale. Deve divenire una domanda della Chiesa su di sé. Questo consente di impostare il problema in maniera non estrinseca, ma pone in causa la Chiesa tutta nel suo essere e nel suo vivere. Più di una Chiesa particolare chiede al Sinodo di verificare se l’infecondità dell’evangelizzazione oggi, della catechesi nei tempi moderni, sia un problema anzitutto ecclesiologico e spirituale. Si riflette sulla capacità della Chiesa di configurarsi come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come azienda.
40. Proprio perché l’evangelizzazione sappia custodire intatta la sua originaria qualità spirituale, la Chiesa deve lasciarsi plasmare dall’azione dello Spirito e farsi conforme a Cristo crocifisso, il quale rivela al mondo il volto dell’amore e della comunione di Dio. In questo modo riscopre la sua vocazione di Ecclesia mater che genera figli al Signore, trasmettendo la fede, insegnando l’amore che nutre i figli. In questo modo vive il suo compito di annunciatrice e testimone di questa Rivelazione di Dio, raccogliendo il suo popolo dalla dispersione, così che si possa adempiere quella profezia di Isaia che i Padri della Chiesa hanno letto come indirizzata ad essa: «Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza possederà le nazioni, popolerà le città un tempo deserte» (Is 54,2-3).







































Nessun commento:

Posta un commento