martedì 20 novembre 2012

DALLA MEMORIA STORICA 
OGGI 21 NOVEMBRE SI RICORDA IL TRANSITO DEL SERVO DI DIO PADRE GIORGIO GUZZETTA (1682-1756)
dalla
VITA DI PADRE GIORGIO GUZZETTA
Giovanni D’ANGELO





C A P O XX

Del fine della preziosa Vita del P. Giorgio.

I. Il P. Giorgio Gazzetta, il quale per tutto il tempo della sua vita crocifisse la sua carne con le sue cupidigie, visse sempre persuaso, che il ricordarsi spesso della morte, lo teneva allontanato dal peccato, e dall’attaccamento alle cose di quaggiù, e facendogli odiar la babilonica schiavitù di questa terra, aspirar gli facea la celeste Gerusalemme, onde sempre alla sua mente chiamava il pensiero della morte. Negli ultimi anni della sua vita scrivendo a’ suoi più confidenti, dava fine alle lettere con quel bello sentimento di S. Paolo : Ecce ego jam delibor, et instat tempus resolutionis meae. Il pensiero della morte non potea affatto arrecargli amarezza, né pena, né dolore, ma piuttosto eragli di gioia, e di allegrezza. Facea egli così vedere in sé quello, che ancor l’umana filosofia non ha saputo comprendere, cioè, che i Santi illuminanti dalla fede, ed animati dalla grazia di Gesù Cristo ardentemente braman la morte, perché non vivon secondo le passioni loro, perché son disgutati de’ piaceri, e delle ricchezze mondane, perché aspettano una nuova creazione.

Figlia – così disse una fiata ad un divoto giovine Novizio di sua Congregazio-ne – son fuori di me stesso per la piena consolazione, che provo al solo riflesso, che poco di vita mi rimane, e fra breve disciolto da questo terreno ingombro andrò a svelatamente godere il mio Dio.

II. Egli per grazia del Signore accordatagli fu presago della sua morte. Alcuni de’ suoi amici negli ultimi anni del suo vivere desiderando, che si provedesse di ve-stimenta, di cui erane molto sprovveduto. Non occorre, gli disse, pensare a tanto, perché io morrò nel mese di Novembre. Quindi fu, che pochi anni prima di terminare la sua vita, visse con più di fervore. Allora amò vieppiù ardentemente la solitudine, impiegò maggior tempo nell’orazione, parlava sempre della morte, mandava de’ santi affettuosi sospiri verso la patria de’ Santi, era più rassegnato alle disposizioni del cielo, e diede maggiori prove della sua umiltà, di pazienza, e di mansuetudine secondo le diverse occasioni, in cui era per trovarsi.

III. Il Signore perciò volendo negli ultimi giorni della vita del nostro Servo di Dio vie meglio provare l’amor di lui verso di sé, permise, che da non pochi la con-dotta del P. Giorgio fosse stata considerata finta, e sprovveduta della necessaria prudenza, e delle vere massime di una soda morale; onde da più persone fu sprezzato, e vilipeso. Ma non pertanto il suo cuore, il quale tutto alla direzione del suo Dio erasi dato, poté restare abbattuto, ma si rese un maggiore spettacolo di pazienza, di mansuetudine, e di umiltà. Allora con vera rassegnazione di spirito solea spesso ripetere: Si bona accepimus de manu Dei, mala autem quare non suscipiamus? e nella mente avea, e spesso replicava quel ricordo del Redentore: Mittam, vos tamquam agnos inter lupos.

IV. Ma al P. Giorgio insensibilmente cominciavano a mancare le forze, ed il naturale vigore della sua macchina. Per la qual cosa ad insinuazione di un suo confi-dente portasi alla Terra del Parco, per lì poter godere di un’aria più salutare, che altre volte avea sperimenta alla sua salute più giovevole. Sebben sulle prime si fosse un poco rimesso in salute, ricadde però poi nel primiero suo stato. Monsignor D. Giuseppe Barlotta, che ivi trovavasi, essendo egli Abate della Chiesa di quella popolazione, avendo ciò veduto, amorosamente seco condur lo volle alla terra di Partenico con la speranza, che quivi meglio il P. Giorgio in forze potea ristabilirsi. Colà adunque il Servo di Dio essendo arrivato, alloggiar volle nel convento de’ Padri del Carmine, e sollecito non men della salute della sua anima, che di quella del prossimo segue ancora a travagliare per la vigna di Gesù Cristo. Rimise di fatti allora in assetto alcuni beni del collegio di Maria della Piana, che con la sua cooperazione eransi acquistati, né da’ suoi occhi, e dal suo pensiero allontanò la memoria della morte. Un giorno scender volle nella sepoltura de’ Padri di quel convento, e per il suo cadavere scelse una delle nicchie di quel luogo. Dicevangli que’ buoni Religiosi, che coll’aria di quel paese era forse per riprendere il perduto vigore, ed uno de’ Padri decrepiti di toccare piuttosto a sé quella sorte, perché più in età avanzato. Il P. Giorgio però con animo tranquillo, e sereno replicò, che diversamente dovea avvenire, ed in fatti avverossi ciò, ch’egli dicea. Dopo pochi giorni il suo stomaco tanto debole si rese, che neppur digerir potea il cibo, che scarsamente prendea. Indi altri mali gli sopragiunsero. Fu travagliato da un’ostinata diarrea, e da tali svenimenti, che la sua morte sembrava vicina. In tale stato ei trovandosi, non dimenticavasi, sebbene in mezzo a’ dolori, ed agli affanni, del suo Dio. Bramava piuttosto patire, che morire, e non esser qui in terra perdonato, per ricever la su nel cielo il perdono. Seguì per sempre la pratica de’ santi doveri della cattolica religione, e del suo stato invidiabile di Filippino. Non tralasciava di celebrare il Sacrificio della Santa Messa, ed interveniva più volte al coro di quella Chiesa in compagnia de’ Monaci avanti il Sacramentato Signore. Le sue indisposizioni imperversando, adempì agli estremi doveri dell’augusta nostra religione con essersi premunito del pane degli Angeli, che ricevé con segni di somma divozione. I Padri Carmelitani di Partenico, non pochi Ecclesiastici di quel paese, ed anche alcuni pii secolari assister vollero in que’ momenti il vero Cattolico, il Filippino virtuoso, l’eroe de’ Greci-albanesi, l’uomo grande, ed illustre, ed egli tutti trattenendo intorno a sé con santi ragionamenti, di non lieve ammirazione rendeasi per la sua eroica pazienza e piena rassegnazione alla volontà del suo amato Signore.

V. Essendosi intanto sparsa per tutta la Sicilia l’infausta notizia di sì grave malattia del P. Giorgio, la Congregazione di Palermo, come altresì quella della Piana, ognuna mandò per assisterlo uno de’ loro Padri. Della prima ne fu spedito il P. Salvadore Colonna, soggetto e per la sua pietà, e per la sua dottrina in oggi ben noto, al quale fe’ compagnia il P. Rettore, ed il P. Ministro del Seminario greco - albanese. Il P. Giorgio benignamente accolse questi Padri amorosi, e ringraziolli de’ loro buoni uffizj verso la sua persona dimostrati, ma nondimeno mostrò di essergli assai grave, lo aver loro intrapreso un viaggio non indifferente in tempo d’inverno. Avendo avuta nuova dell’ottimo stato di floridezza del suo Seminario, e della Congregazione della Piana, anche trovandosi a morte vicino, ne dimostrò del sommo piacere, e del compiacimento.

VI. Frattanto fu munito del Sacramento dell’Estrema Unzione, che ricevé con religioso rispetto, e con gran fervore sino a rispondere con assai languida voce egli stesso alle preghiere dalla Chiesa ordinate. L’anima sua era di certo inondata da una pace veramente cristiana, e dalla soave coscienza della virtù. Si fe’ vedere in ogni momento della vita, che rimanevagli in quelli ultimi momenti avido, e pronto di voler raggiungere l’Essere Supremo. Da alcuni fu udito, che tranquillamente, e con animo sereno cantava, ma tanto fievolmente, che distinguer non sì poté, qual sorta di canto avesse profferito. Taluni credettero essere stati degl’inni greci in lode della Signora Santissima a lui molto familiari, massime quando avvicinavasi alcuna delle di lei sollennità, com’era allora, dovendosi celebrar la festa della Presentazione al tempio. Quindi di forze del tutto divenuto privo si vide impegnar le poche ore, che rimanevangli, alla contemplazione delle cose del cielo. Al buon Padre poi, che con carità singolare assistevalo, già avvisandogli vicina la morte con quelle parole del Real Profeta: In Domum Domini ibimus: sì appunto rispose: In domum Domini ibimus. Morì in età di anni 75, nel giorno vigesimo primo di Novembre sull’ore sedici, giorno consecrato alla solennità della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, di cui erasi ascritto schiavo fedele nel ruolo della miracolosa Immagine, che sotto titolo di Liberatrice dalle pene dell’inferno, adorasi con ispecial, e divoto culto nella nostra Chiesa cattedrale di Palermo, non solo da’Palermitani, ma ancora dal popolo di più paesi di Sicilia. Il suo corpo rimase in forma di chi tranquillamente dorme, e riposa, non arrecando verun orrore, ma piuttosto movendo a divozione.

VII. Di sommo dolore certamente fu la morte di questo Servo di Dio a tutti gli abitanti della Terra di Partenico. Le sacre vergini del reclusorio di quella popolazione ricercaron per reliquia qualche cosa, che da lui usavasi. Un medico a sue spese volealo imbalsamare, se dal P. Colonna gliene fosse stato dato il permesso, ed i religiosissimi Padri del Carmine desideravano averlo nella loro sepoltura. Eglino non avrebbon di certo ceduto a quel bravo Filippino, il quale, come membro della Congregazione di Palermo, dimandava di doversi seppellire nella sepoltura del suo Oratorio, se non fossero stati assicurati, che il P. Giorgio in udire le brame di quel Padre, il quale desiderava di voler trasferito il di lui cadavere in Palermo, avea già rivocata la prima sua disposizione. Il popolo però di Partenico non volea affatto permettere, che quel cadavere uscisse dalla sua terra. Ei volea, che data gli fosse sepoltura nella sua Chiesa maggiore. Il buon P. Colonna perciò, il quale di natura facondo era, ed insinuante, tutti i mezzi adoprò, come poterli persuadere. Finalmente vedendo, che nessuna vaglia avean le sue ragioni, ricorse al Signore di Partenico Monsignor Barlotta, acciocché con la forza ottenesse, quanto con dolcezza, e con buone insinuazioni egli non avea potuto conseguire. Questi adunque incontinente diede gli opportuni ordini per trasferirsi il cadavere del P. Giorgio nella Capitale senza verun tumulto. All’indimani sul farsi giorno fe’ portare in lettiga il cadavere in compagnia di gente armata fuori di quella popolazione, e di là così fu trasferito alla Chiesa della Congregazione de’ Padri Filippini di Palermo.

VIII. Il giorno appresso adunque sull’ora di vespro arrivò in Palermo il cada-vere del P. Giorgio. I Padri dell’Oratorio coperti del mesto velo della tristezza, e abbeverati da profonda amarezza ne diedero tosto il segno, con suono lugubre so-nando le campane della lor Chiesa. Lo stesso ancor fu fatto con quelle della parrocchiale Chiesa di S. Niccolò de’ Greci. Vestito secondo il rito della Chiesa, fu esposto al pubblico, acciocché gli fossero resi gli ultimi onori, come presso l’accennata Congregazione è in costume.

IX. Fuvvi uno de’ più virtuosi, e dotti Padri, il quale inginocchiossi innanzi la bara del Servo di Dio, e baciandogli i freddi piedi, di dir non cessava con le lagrime agli occhi: Questo è un Santo: Questo è un Santo. Gli alunni del Seminario greco tutti portaronsi a baciar le sacre mani per l’ultima volta all’amabilissimo loro benefattore. La tristezza, il dolore, ed i pianti di costoro moveano a pietà gli astanti. I Padri dell’Oratorio con le innate loro buone maniere, e con la dolce loro garbatezza ingegnaronsi a raddolcire gli affitti spiriti di quelli amareggiati giovini. Al popolo di Palermo fu ancora amara, e luttuosissima la nuova della perdita del P. Giorgio, e gran moltitudine di gente vi concorse in gran folla per baciargli la mano, finché il cadavere fu portato a sepoltura.

X. In più Chiese di Sicilia, ed anche di fuori Regno furon celebrate de’ solenni funerali al nostro Servo di Dio in dimostrazione di gratitudine, e di rispetto. Il Seminario-albanese di Palermo gl’innalzò un alto mausoleo con il ritratto di lui sulla cima della parrocchiale Chiesa di S. Niccolò de’ Greci dove in suffraggio della sua anima fu celebrata una Messa solenne con un elogio funebre letto dal P. Luca Matranga, ed altre private Messe. Con questo Seminario gareggiò quello di Monreale in rendere i funerali al nostro glorioso defunto, ed in Roma il Seminario greco di S. Atanasio. Questo fece l’esequie del P. Giorgio con quella stessa pompa, che costumar ivi suole alla morte del Cardinal protettore di quel luogo.

XI. La medesima premura ebbero le quattro colonie albanesi di Sicilia, avendolo considerato qual loro sostegno, e protettore. Nella Terra della Piana principal-mente, ove oltre di essergli stati celebrati i funerali nella Chiesa della Congregazione, ed in quella del Collegio di Maria, l’Università a spese del pubblico col piacere di Monsignor Testa Arcivescovo di Monreale gl’innalzò un nobile mausoleo, e fecegli recitare un elogio funebre, che fu assai eloquente, dal P. Giorgio Stassi Prete dell’Oratorio di quella Terra, oggi degnissimo Vescovo in partibus di Lamsaco, ed alcune poetiche composizioni in lingua latina, italiana, ed albanese.

XII. Eguali dimostrazioni di onore, e di stima furono ancora tributati al P. Giorgio dal suo degno amico Monsignor Cangiamila dottissimo Inquisitor Provinciale dell’abolito nostro tribunale del S. Uffizio. Inoltre simili onori vollero rendere alla memoria di sì illustre loro. Nazionale i Padri Basiliani di Grotta Ferrata, varj paesi della Calabria, ed in Napoli il reggimento albanese con tutta la possibile pompa militare con sommo gradimento del Re.

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