domenica 27 gennaio 2013

 

27 GENNAIO 2013 
Domenica del Padre Misericordioso
Traslazione delle reliquie del nostro santo padre Giovanni Crisostomo nel 438


TROPARI

Ote katìlthes pros ton thànaton, i zoì athànatos, tòte ton àdhin enèkrosas ti astrapì tis Theòtitos; òte dhe ke tus tethneòtas ek ton katachtonìon anèstisas, pàse e dhinàmis ton epuranìon ekràvgazon: Zoodhòta Christè, o Theòs imòn, dhòxa si.
Quando discendesti nella morte, o vita immortale, allora mettesti a morte l’ade con la folgore della tua divinità; e quando risuscitasti i morti dalle regioni sotterranee, tutte le schiere delle regioni celesti gridavano: O Cristo datore di vita, Dio nostro, gloria a te.

I tu stomatòs su, kathàper pirsòs, eklàmpsasa chàris, tin ikumènin efòtisen; afilarghirìas to kòsmo thisavrùs enapètheto; to ìpsos imìn tis tapinofrosìnis ipèdhixen; allà sis lòghis pedhèvon, Pàter Ioànni Chrisòstome, prèsveve to Lògo Christò to Theò sothìne tas psichàs imòn.
La grazia della tua bocca, che come torcia rifulse, ha illuminato tutta la terra, ha deposto nel mondo tesori di generosità, e ci ha mostrato la sublimità dell’umiltà. Mentre dunque ammaestri con le tue parole, o padre Giovanni Crisostomo, intercedi presso il Verbo, Cristo Dio, per la salvezza delle anime nostre.
O Mìtran Parthenikìn aghiàsas to tòko su, ke chìras tu Simeòn evloghìsas, os èprepe, profthàsas ke nin èsosas imàs, Christè o Theòs. All’irìnevson en polèmis to polìtevma, ke kratèoson Vasilìs us igàpisas, o mònos filànthropos.
Tu che con la tua nascita hai santificato il grembo verginale, e hai benedetto le mani di Simeone, come conveniva, ci hai prevenuti anche ora con la tua salvezza, o Cristo Dio. Da’ dunque pace alla città tra le guerre e rafforza i re che hai amato, o solo amico degli uomini.

EPISTOLA

La mia bocca esprime sapienza, e il mio cuore medita saggezza.
Udite, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo.

Lettura dalla Lettera di S. Paolo Apostolo agli Ebrei (7,26-8,2)

Fratelli, tale era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza mac­chia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso. La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti all’umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costitui­sce il Figlio che è stato reso perfetto in eterno.
Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha co­struito.

La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia.

La legge del suo Dio è nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno.

VANGELO (Lc. 15,11-32)

Disse il Signore questa parabola: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliele dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

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