sabato 23 marzo 2013

ICONA DELL’ENTRATA 
DI 
GESU’ A GERUSALEMME

"Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: Andate nel villaggio che vi sta di fronte, subito troverete un'asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me... I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" (cfr. Mt 21,1-9). Anche l’icona descrive il viaggio di Gesù da Betfage a Gerusalemme, fin dentro al tempio. A Betfage i pellegrini si purificano per entrare nella città santa. Betgage significa casa del fico immaturo: richiama il fico sterile, ed è figura di ogni uomo che non porta il frutto di cui il Signore “ha fame”. Gesù prepara il suo ingresso regale purificando ogni falsa attesa dei suoi discepoli, destinata a rimanere sterile. Gesù , ancora oggi, purifica le nostre false aspettative, ci invita a seguirlo ma ci chiede di liberarci da ogni falsa attesa: anche a noi, suoi amici, non saranno riconosciuti privilegi, né tanto meno sconti sulla fatica, la malattia ! Gesù guarda verso i suoi discepoli e ricorda loro, per la terza volta, che “il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti, agli scribi, che lo condanneranno a morte … ma il terzo giorno risusciterà” (Mt 20, 17ss) Gesù entra a Gerusalemme in un clima di festa, eppure nel suo volto viene anticipato il momento del pianto “Quando fu vicino alla città, pianse su di essa” (Lc19,41) Lo sguardo di Gesù porta tutto il peso degli eventi futuri. Eppure il suo andare porta speranza “risusciterà dopo tre giorni” C’è un confine molto sottile tra la gioia e il dolore: qui c’è la manifestazione della gloria e la realtà della croce. L'Entrata in Gerusalemme diventa il compimento delle profezie: "Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina" (Zac 9,9).

Gesù cavalca l’asina di fianco e non a cavalcioni, secondo l’uso regale orientale e dalla sua figura emana una pacata, ma maestosa regalità, piena di autorevolezza. È seduto in modo innaturale, sembra seduto su un trono, mentre il suo sguardo mesto abbraccia la città e il popolo che lo accoglie con le palme. L’asina rappresenta:  l’elemento istintivo dell’uomo, una vita che si svolge tutta sul piano terrestre. Lo Spirito cavalca la materia che gli deve essere sottoposta, come Cristo cavalca l’asina.  è il simbolo di Cristo e del suo messianismo: Lui non è come il re, che detiene il potere e va a cavallo; neppure è come chi aspira ad esso ed usa il carro da guerra. Viene su un’asina, umile animale da servizio: ma proprio così fa scomparire carri e cavalli, potenti e prepotenti (Zc 9, 9s) Lui è venuto per servire e per dare la vita ponendo fine al dominio di chi schiavizza e dà la morte. In Lui si arresta il sistema di violenza sul quale si basano i rapporti umani.  L’asina è un somaro: porta la soma. Ora la legge di Cristo è portare i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2): è il comando dell’amore, compimento della legge e dei profeti, che ci rende perfetti come il Padre. L’asina rappresenta la capacità di servire, nostra somiglianza con il Padre. Questa capacità, legata dalla menzogna originaria è finalmente liberata in noi dal Signore Gesù. Gesù dice anche a noi “Slegate”… la libertà di servire fin dall’inizio fu legata. Da Adamo in poi, la missione di Gesù e quella dei suoi discepoli è di liberare la libertà dell’uomo. “Se qualcuno vi dirà qualcosa…”Questo qualcuno siamo tutti noi, che ci chiediamo: a che pro slegare l’asina, a che serve servire? E’ tutta qua la libertà che Dio ci propone? “Il Signore ne ha bisogno” per la prima volta, Gesù in pubblico si definisce Signore, proclamando la sua messianicità. Prima del brano in cui Matteo descrive l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, al cap 20 ai vers 24- 28, Gesù ricorda che la sua logica è quella del servizio, dell’amore. “ I capi delle nazioni, voi lo sapete dominano su di esse e i grandi esercitano il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti.” La città chiusa tra alte mura, a destra, simbolo della chiusura spirituale, è la città di Gerusalemme, verso la quale Gesù si dirige: lì non sarà accolto, ma condannato per essere crocifisso, ma contemporaneamente, prefigura anche la Chiesa come comunità e complessi di edifici, voluta e redenta da Cristo. La montagnaLa montagna dietro i discepoli rappresenta il monte degli Ulivi, da cui Gesù scese per entrare a Gerusalemme. E’ la montagna messianica che si ergerà contro quella di Sion. (Is 2,2; 10,32). Gesù è raffigurato al centro dell’icona , seduto sull’asina, con il viso rivolto verso i suoi discepoli che rappresentano il popolo nuovo, ma proteso verso il popolo di Gerusalemme, dove si sta recando. Gesù indossa una tunica rossa, simbolo dell’umanità assunta con l’Incarnazione, della sua regalità, Egli è il Re dei re, e dell’amore dato con il Suo sacrificio sulla croce. Il mantello appoggiato sulla spalla sinistra è il segno della Sua divinità: Gesù è veramente uomo e veramente Dio. Il Cristo solo ha il nimbo. Egli è il solo Santo

La mano destra di Gesù mostra due dita, rivolte verso se stesso, per indicare la sua doppia natura: Egli è veramente Dio e veramente uomo. Nella mano sinistra regge il chirografo del nostro peccato. Alla destra di Gesù si vede il gruppo dei farisei, che sono usciti da Gerusalemme per salutare Cristo. Essi fanno finta di accoglierlo, ma provano invidia ed odio per lui, mentre gli altri sono accorsi per aver udito la testimonianza dei suoi miracoli: il male si nasconde tra la folla, mantiene la propria identità ma noi fatichiamo a riconoscerlo,diventa un mistero di iniquità che, tuttavia, non può sopraffare il mistero della misericordia. La palma che domina sullo sfondo richiama alla nostra memoria il brano del profeta Isaia: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore. In quel giorno il virgulto di Iesse sui leverà a vessillo per i popoli. In quel giorno il Signore stenderà di nuovo la mano per riscattare il suo popolo” (Is 11,1-2;11, 10-11) L’atto di stendere i mantelli è un gesto di riconoscimento della regalità e del proprio sottomettersi ad essa. Il mantello infatti, nell’antichità,e in particolare modo in Israele, era strettamente legato alla persona che lo portava. Il mantello, quindi, acquisisce una forte simbologia della vita, identificandosi con chi lo porta. Lo stendere il mantello, pertanto, significava riconoscere la regalità e sottomettervisi. La domenica delle palme è la festa dei bambini. Essi non si chiedono “Chi è costui?” sono invece coloro che gridano : “Osanna al Figlio di Davide” , Salva ora,tu che abiti nelle altezze! Nell’incontro di Gesù con il popolo di Gerusalemme si vede la sintesi del mistero della contraddizione d’Israele. Di fronte al Signore, Israele si lacera e si divide: nelle persone dei suoi capi essa rappresenta la sposa infedele, nelle persone dei fanciulli innocenti è la sposa casta che accoglie il suo re e sposo, dunque tutti coloro che conservano la purezza dell’animo. Cadiamo in ginocchio insieme con i fanciulli dicendo : “Osanna, Re dei re. Osanna, salvaci ora, salvaci nelle circostanze di vita in cui “ora” ci troviamo; strappa la cedola, la ricevuta del nostro peccato e insegnaci a vivere da risorti”

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