martedì 5 agosto 2014

                         Sul monte testimoni del Signore  
                        La Trasfigurazione nella tradizione bizantina ·
                              dall ‘ Osservatore Romano 05 agosto 2014

  Nella tradizione bizantina, come nelle altre tradizioni delle Chiese orientali, la Trasfigurazione del Signore è una delle grandi feste dell’anno liturgico. Essa ha una vigilia il 5 e un’ottava fino al 13 agosto. I testi liturgici del giorno prefestivo sono tutti un invito a salire con Cristo sul monte; come se la liturgia, da ottima pedagoga, volesse portare per mano i fedeli a contemplare e vivere il mistero che si celebra nella festa: «Venite, uniamoci a Gesù che sale al monte santo: là udremo la voce del Dio vivente. Venite, apriamo la danza, purifichiamoci, e con fede prepariamoci alla divina ascesa verso l’eccelsa città di Dio. Venite dunque, prepariamoci bene ad accostarci domani al santo monte di Dio per contemplare l’immutabile gloria di Cristo».
I testi dell’ufficiatura della festa accostano questo mistero della vita di Cristo, di cui furono testimoni i tre discepoli dal Signore portati con lui sul Tabor, all’episodio del Getsemani: anche lì infatti erano presenti Pietro, Giacomo e Giovanni. Così i tropari ci portano a contemplare la passione e la croce del Signore e, infine, i testi fanno della trasfigurazione una prefigurazione della risurrezione del Signore stesso.
Diversi tropari situano la trasfigurazione del Signore non soltanto cronologicamente prima dalla croce ma come il mistero che prepara i discepoli, e la Chiesa tutta, alla comprensione della passione stessa di Cristo: «Prima che tu salissi sulla croce, Signore, un monte ha raffigurato il cielo, e una nube lo sovrastava come tenda. Mentre tu ti trasfiguravi e ricevevi la testimonianza del Padre, erano con te Pietro, Giacomo e Giovanni, perché, dovendo essere con te anche nell’ora del tradimento, grazie alla contemplazione delle tue meraviglie non temessero di fronte ai tuoi patimenti: quei patimenti che noi ti preghiamo di poter adorare in pace, per la tua grande misericordia. Prima della tua croce, o Signore».

Nella stragrande maggioranza i testi insistono sul tema della presenza dei tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, gli stessi che il Signore prese in disparte nel Getsemani al momento della sua agonia e della sua preghiera accorata al Padre. Nell’orto i discepoli cadono addormentati, durante la trasfigurazione cadono folgorati dalla gloria di Cristo. I tre che nel Tabor contemplano la divinità di Cristo, nell’orto ne contemplano la piena umanità: «O Signore, prendendo con te i discepoli su un alto monte, davanti a loro ti sei trasfigurato, illuminandoli con bagliori di potenza, volendo mostrare loro, sia per amore degli uomini che per la tua signoria, lo splendore della risurrezione. E il mistero nascosto dall’eternità lo ha negli ultimi tempi manifestato a Pietro, Giovanni e Giacomo la tua tremenda trasfigurazione».
Nella trasfigurazione i discepoli non sono capaci di guardare la gloria divina manifestatasi in Cristo, ma sono capaci di udire la voce del Padre. L’incarnazione del Verbo di Dio li rende capaci di ascoltare e sarà la sua risurrezione dai morti che li renderà capaci di vederlo e confessarlo risorto e glorificato: «A Pietro, Giovanni e Giacomo, i prescelti tra i tuoi discepoli, Signore, hai mostrato oggi sul monte Tabor la gloria della tua forma divina: essi vedevano infatti le tue vesti risplendenti come la luce, e il tuo volto più luminoso del sole; non riuscendo a guardare il tuo insostenibile splendore, caddero a terra, del tutto incapaci di fissarlo. Udivano infatti una voce che dall’alto attestava: Questi è il mio Figlio diletto, venuto nel mondo per salvare l’uomo».

La trasfigurazione del Signore è presentata dalla liturgia bizantina anche come rinnovamento, ricreazione della natura umana caduta a causa del peccato: «Celebrando in questo giorno la santissima e gloriosa trasfigurazione, glorifichiamo Cristo che ha trasformato la nostra natura con il fuoco della divinità e, come all’origine, l’ha resa splendente di incorruttibilità».

Poi il collegamento che i testi stabiliscono tra la teofania sul Sinai e quella sul Tabor porta a vedere la redenzione adoperata da Cristo anche come una nuova creazione della stessa natura umana: «Colui che un tempo aveva parlato con Mosè sul monte Sinai dicendo “io sono colui che è”, trasfiguratosi oggi sul monte Tabor alla presenza dei discepoli, ha mostrato come in lui la natura umana riacquistasse la bellezza archetipa dell’immagine. Salito infatti su questo monte, o salvatore, insieme ai tuoi discepoli, trasfigurandoti hai reso di nuovo radiosa la natura un tempo oscuratasi in Adamo, facendola passare alla gloria e allo splendore della tua divinità».
Alcuni tropari della festa sono vere e proprie professioni di fede nella divinoumanità del Verbo di Dio incarnato: «Tu che sei il Dio Verbo sei divenuto pienamente uomo, congiungendo nella tua persona l’umanità alla pienezza della divinità. Tale ipostasi nelle sue due nature videro Mosè ed Elia sul monte Tabor. Si eclissò il sole sensibile di fronte ai raggi della divinità, quando, sul monte Tabor, ti vide trasfigurato, o mio Gesù. Fuoco immateriale che non consuma la materia del corpo, tale ti sei mostrato a Mosè, agli apostoli e a Elia, o sovrano: uno da due, e in due perfette nature».
Il Verbo di Dio incarnato oggi si trasfigura sul monte Tabor: «Ora si è udito ciò che non è dato udire: il Figlio senza padre della Vergine riceve gloriosa testimonianza dalla voce paterna, quale Dio e uomo egli stesso nei secoli. Nato da nube verginale e fatto carne, trasfigurato sul monte Tabor, Signore, e avvolto dalla nube luminosa, mentre erano con te i tuoi discepoli la voce del genitore ti ha distintamente manifestato quale figlio diletto, a lui consustanziale e con lui regnante».          Manuel Nin

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